MISERCORDIA APRILE 2016

Chi l’ha voluta questa festa alla Divina Misericordia nel giorno in cui la Chiesa celebrava la Domenica in Albis? Gesù, tramite rivelazioni private a Suor Faustina nel ‘35, per ben quindici volte, e ha voluto che venisse ufficializzata. 

Don Tissot è stato un religioso che ha portato avanti il culto alla Divina Misericordia, ha pagato anche incomprensioni, esclusioni da certe situazioni, non era visto bene. Addirittura l’immagine stessa che Gesù aveva raccomandato a Suor Faustina era stata messa quasi all’indice, poi però dato che lo Spirito Santo guida la Chiesa, ha fatto in maniera che nel corso di molti anni ci sia stato prima il Concilio Vaticano II che ha rinnovato il lezionario liturgico con le letture che si fanno nei giorni del triennio feriale e nel biennio festivo, letture scelte negli anni ‘60 e poi nel 1980 è uscita l’Enciclica Dives in Misericordia di Giovanni Paolo II che tratteggiava il piano di salvezza del Signore. Il vero volto di Dio non è la giustizia ma è la Misericordia per chiunque la voglia, altrimenti ci sarà la giustizia. Tanto è più grande la miseria di un’anima, tanto maggior diritto ha alla mia Misericordia, così diceva Gesù a Suor Faustina in una rivelazione.

Il progetto di Dio per l’uomo è la Misericordia. Giovanni Paolo II, il 30 aprile del 2000, ha pronunciato in proposito un’importante omelia in occasione della canonizzazione di Suor Faustina Kowalska e sempre in quell’occasione ha anche istituito la festa della Divina Misericordia, però si è scoperto che in effetti non è una nuova festa liturgica, come superficialmente potrebbe sembrare, ma è in realtà una ridenominazione di quella che era la festa della domenica in Albis, seconda domenica dopo Pasqua. Si sono resi conto, Giovanni Paolo II e ancor prima Suor Faustina che le letture proprie della domenica in Albis erano già esattamente adatte alla festa della Divina Misericordia. 

Abbiamo da sfruttare questa mattina per quella che si chiama la clinica dell’anima, e cioè una guarigione dalle emozioni ferite, essa è un po’ più lenta, a differenza di quella fisica perché tocca aspetti più profondi della nostra natura umana, della nostra psicologia, del nostro vissuto, del nostro passato e che coinvolgono anche la nostra libera volontà, per es. capire perché abbiamo dei disagi e delle difficoltà, e poi una volta capito, dobbiamo perdonare le persone o le istituzioni che hanno determinato in noi quelle difficoltà, quelle ferite emozionali. Il perdono però dipende da noi e quindi noi dobbiamo maturare su questi aspetti, realizzare quello che è stata l’evoluzione della nostra vita dal punto di vista emozionale e dare il nostro assenso al perdono di quelle persone, situazioni, avvenimenti che hanno determinato in noi quelle difficoltà ed è per questo che il Signore, sempre rispettoso della nostra volontà, non può procedere con uno schiocco di dita a una guarigione, perché ci vuole un processo di guarigione, a differenza di quella fisica, perché quest’ultima non è un problema, Gesù può far risorgere anche i morti vedi Lazzaro.

C’è un problema nel seguire il Signore se non c’è il cuore libero nella fare la sua volontà, perché c’è il comandamento di amare il prossimo come me stessi ma se io non mi amo, c’è un problema subito, in partenza, non sono in grado di donare un amore che non provo nemmeno verso di me. 

Tutti hanno imperfezioni sia nel fisico ma soprattutto sul lato emozionale, esso è il riflesso psicologico che ognuno di noi ha, noi non siamo solo corpo come dice la lettera in 1°TESSALONICESI 5,23: ...e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Il problema è nell’anima, cioè il pensiero, l’indole, la natura che si viene formando crescendo. Nei primi anni siamo più sensibili a ciò che accade attorno a noi nel male e nel bene ma è anche vero che non cessiamo di relazionarci con l’esterno, anche da adulti, un ambiente ostile ci guasta un po’.

Noi siamo governati dai nostri pensieri, dalla nostra psiche, lo Spirito c’è, vorrebbe fare le cose ma è troppo condizionato da sentimenti esterni, ferite etc. 

Si era accennato al perfezionismo l’altra volta, ed è un bene ritornarci su, perché esso è come il prezzemolo, c’è dappertutto. Ci sono incomprensioni di certe parole di Dio, a tutti risuonerà nella mente la parola che dice: “…siate perfetti come è perfetto il Padre vostro nei cieli”, la troviamo in MATTEO, 5,48. Silvano Fausti,
autore di uno dei migliori commentari biblici fa un parallelismo con LUCA 6,36 che dice: “… siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro”. Allora la perfezione che raccomanda il Signore è un’altra cosa, è uno stato di evoluzione fino alla completezza, un po’ come l’albero che cresce, dopo un anno e mezzo è già perfetto, secondo il botanico, ma non secondo Dio. Il termine perfezione ci induce in errore, come se avesse un’impossibilità di miglioramento e che sia quantificabile oggettivamente ma non è così. Quel siate perfetti, significa che si tratta di aderire meglio alla sequela di Gesù, via, verità, vita ma non siamo noi a dover fare qualcosa, ci ha chiesto di non giudicare, di non condannare, di amare i nemici, di essere misericordiosi, di amare senza calcolo, fuori da ogni logica, per crescere fino alla completezza/perfezione: su questo Gesù ha detto di esercitarsi. 

Da Dio viene l’amore che ti permette di amare tutti gli altri, l’amore parte da Dio. 

Pensando a certi versetti della Bibbia, bisognerebbe vedere dei commentari che la spieghino, secondo le intenzioni della chiesa e non private interpretazioni come diceva Pietro nella seconda lettera al capitolo 1,20: “Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione”.

Ogni cristiano non è tale per anagrafe ma è tale per personale accettazione e adesione a Gesù Cristo, per fare ciò che chiede Gesù, bisogna avere un cuore, sano, libero e generoso ma se non è sano e libero non può essere generoso, anche San Paolo nella LETTERA AI ROMANI, 7, 19-25; diceva: “Infatti il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio. Ora, se io faccio ciò che non voglio, non sono più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me. Mi trovo dunque sotto questa legge: quando voglio fare il bene, il male si trova in me. Infatti io mi compiaccio della legge di Dio, secondo l’uomo interiore, ma vedo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Così dunque, io con la mente servo la legge di Dio, ma con la carne la legge del peccato”.

Questo ci dice che in qualche misura la difficoltà a passare a quella completezza (se non vogliamo più chiamarla perfezione), è una crescita alla sequela di Cristo che non è facile ed è solo possibile se uno persevera.

Per certe menomazioni di tipo emozionale, l’intelletto non ha valore, uno può anche avere due lauree, e tuttavia essere profondamente condizionato da vicende negative del suo vissuto. Cosa dobbiamo fare? Non scoraggiarci mai, perché il Signore è in grado superare qualunque difficoltà, vuole ridonarci l’equilibrio completo, non solo del corpo ma anche dell’anima e dello Spirito, dato che Lui è Onnipotente, dobbiamo confidare in Lui.

Ci si fa delle idee sbagliate su Dio, per quello che è accaduto nella nostra vita, incolpandolo, ma il male nel mondo è entrato per invidia del diavolo, la morte è entrata per la disobbedienza degli uomini, ma non è mai stata intenzione di Dio punire. EZECHIELE 33,11: io non godo della morte dell’empio, ma che l’empio desista dalla sua condotta e viva”. 

Dio è sempre dalla nostra parte, la sua misericordia è stata liberata da quel colpo di lancia, da cui sono usciti sangue e acqua, il punto peggiore dell’abiezione umana. Come i vignaioli avevano ucciso non solo i servi ma anche il figlio, pensando che si avesse rispetto per lui e invece no. Mentre nella parabola c’era la minaccia di far perire i vignaioli omicidi, nella realtà, i vignaioli omicidi si sono sentiti dire dalla croce: “…Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”. La risposta di Dio all’odio è stato il massimo del perdono e della misericordia, del bene. Vincere il male con il bene, non c’è altro modo, altrimenti non è giustizia ma è vendetta. 

Dio non risponde mai alle nostre insufficienze con sdegno, disprezzo, astio ma con misericordia. Lui ha avuto misericordia anche di coloro che Lo hanno massacrato.

La volontà di Gesù è la tua salvezza, come la volontà del Padre. Qualunque siano le nostre imperfezioni, i nostri limiti, non importa, perché Dio ci ama lo stesso, a tal punto da sacrificare Suo Figlio. 

Per capire la differenza tra perfezione e perfezionismo possiamo confrontare tutti i precetti biblici, circa 600 dei farisei e degli scribi che ci sguazzavano in questi cavilli, e finivano per ritenerli più importanti delle sacre scritture della qual cosa, del resto, anche gli ebrei attuali sono tuttora convinti assertori. Infatti, lo ammettono tranquillamente, senza trovarci nulla di strano. Non c’è quindi da meravigliarsi se, su queste basi distorte, a quel tempo abbiano potuto ritenere giusto far fuori Gesù. Gesù invece ha chiarito cosa intendesse per perfezione: «avete inteso che fu detto amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico ma IO vi dico amate i vostri nemici» e la parabola del fariseo e pubblicano in LUCA 18, 10-14: «Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo, e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così dentro di sé: “O Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri; neppure come questo pubblicano. Io digiuno due volte la settimana; pago la decima su tutto quello che possiedo”. Ma il pubblicano se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: “O Dio, abbi pietà di me, peccatore!” Io vi dico che questo tornò a casa sua giustificato, piuttosto che quello; perché chiunque s’innalza sarà abbassato; ma chi si abbassa sarà innalzato».

Dio è paziente, misericordioso, ma il perfezionista è condannato all’infelicità, è sottoposto alla tirannia di dover fare quella cosa o quell’altra in uno sfibrante ma insufficiente, sforzo, che sfocia in una recriminazione continua: “se mi fossi impegnato di più… avrei dovuto fare anche quella cosa…”. In tal modo viene fuori un auto deprezzamento di se stesso; egli ha una bassa opinione di sé perché convinto di dover essere sempre all’altezza, questo procura ansia, si trova sotto una cappa che toglie il respiro. 

Ci sono le varie misure di perfezionismo, per es. uno va a un ritiro e non ha più la routine quotidiana del cucinare o altro e si rilassa, si dedica di più alla parola di Dio, si rasserena un po’, quell’oppressione continua per qualche giorno si toglie un pochino, l’ansia si abbassa, ma quando poi torna alla sua vita di sempre torna alla tirannia delle cose da fare… del suo perfezionismo, allora si prefigge arbitrariamente una serie di cose da fare o rinunciare, esattamente come facevano i farisei; es. ho fatto 10 pellegrinaggi, non mangio più cioccolata, non bevo più vino, tutto questo diventa un legalismo, si costringe in mezzo a tante cose che non servono e che neanche Dio vuole, in  ROMANI 14,17:  “perché il regno di Dio non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo. Poiché chi serve Cristo in questo, è gradito a Dio e approvato dagli uomini. Cerchiamo dunque di conseguire le cose che contribuiscono alla pace e alla reciproca edificazione”. E in COLOSSESI 2,20-23:  “Se siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché, come se viveste nel mondo, vi lasciate imporre dei precetti, quali: «Non toccare, non assaggiare, non maneggiare» (tutte cose destinate a scomparire con l’uso), secondo i comandamenti e le dottrine degli uomini? Quelle cose hanno, è vero, una parvenza di sapienza per quel tanto che è in esse di culto volontario, di umiltà e di austerità nel trattare il corpo, ma non hanno alcun valore; servono solo a soddisfare la carne”.

Di questo passo il perfezionista diventa anche legalista, s’impone restrizioni inutili, che non hanno senso. E’ possibile che il perfezionista arrivi anche ad uno stato di ira, perché il suo dio gli chiede sempre di più, non è mai abbastanza ciò che fa… ma dato che l’ira è un peccato capitale, allora reprime anche il sentimento d’ira e gli viene un esaurimento, o abbandona completamente tutte le sue compulsive attività e si ritira a vita privata, perché non è più grado di continuare a svolgerle, perché è sempre più stretto tra la cattiva teologia del suo idealismo di salvarsi attraverso l’assolvimento di propri compiti che si è imposto lui e lo sforzo di vivere con un se stesso che non gli piace, con un prossimo con cui non va d’accordo, e con un Dio che non può amare. Comincia ad avere sbalzi di umore frequenti e subirà il crollo, perché il suo dio è un dio inclemente e incontentabile. 

Perciò la cura di queste cose è la grazia, Gesù l’ha data persino a coloro che l’hanno crocifisso. Non ha niente a che vedere con i nostri meriti. Ci vuole del tempo per riprogrammare il proprio pensiero secondo quello che è Dio, un Dio d’amore, paziente, misericordioso, che ti ama indipendentemente da quella che è la nostra situazione o dai risultati che abbiamo ottenuti. 

Non c’è misura alla sua misericordia, la sua misericordia progressivamente ci guarisce dalle nostre magagne “perché tu sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima ed io ti amo”, ti dice il Signore in Isaia 43,4..

Nella vita si fanno delle fatiche ma con il Signore è più facile, come dice MATTEO 11,28: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero». Dolce perché fatto su misura per te, secondo la tua personalità, umanità, leggero perché Cristo non ti lascerà mai solo a portarlo, sarà sempre unito a te per portare quel peso e quel giogo.

Charles Wesley (1707-1788, fondatore del movimento metodista), scriveva del progredire della grazia di Dio nel cuore di un perfezionista schiavo del senso di colpa. E ben lo descrive nel suo canto-inno intitolato Sorgi anima mia sorgi:

Sorgi anima sorgi,

lìberati dalle tue paure colpevoli; 

il sacrificio di sangue consumato
al posto mio appare:

davanti al trono sta la mia
sicurezza,

davanti al trono sta la mia
sicurezza,

il mio nome è scritto sulle sue mani.

Egli vive per sempre lassù, per intercedere per me;

il suo amore che redime tutti,

il suo sangue prezioso per
difenderci:

il suo sangue espiò per tutta la nostra razza,

il suo sangue espiò per tutta la nostra razza,

ed ora irrora il trono della grazia.

Ha cinque ferite che sanguinano ricevute sul calvario;

esse riversano preghiere efficaci;
mi difendono con vigore;

“perdonalo, oh perdona” esse gridano,

“perdonalo, oh perdona” esse gridano,

“non lasciar morire quel peccatore redento!”

Il Padre lo sente pregare, il Suo caro Unto;

non può respingere la presenza di Suo Figlio:

il Suo Spirito risponde al sangue,

il Suo Spirito risponde al sangue,

e mi dice che sono figlio di Dio.

Il mio Dio è riconciliato; sento la sua voce che perdona;

mi riconosce come Suo Figlio; non posso più temere:

con fiducia ora mi avvicino,

con fiducia ora mi avvicino,

ed imploro “Padre, Abbà, Padre”.

Guido Tomasi